Per i Consultori e la Salute Riproduttiva

Questo documento è datato, correlato ad un periodo di iniziativa autogestito, nato da una proposta fatta a Pietro Puzzi (a casa sua in provincia di Brescia), e a Francesco Cardini di Verona, e un gruppo sempre più grande di colleghi e associazioni, che ha portato per la prima volta la CGIL a considerare i diritti della Salute Riproduttiva. L'azione è del 2002 subito dopo il Congresso del 2001 il 20/2 a Milano, sulla riduzione della isterectomia.

L'ideale di riferimento era un sistema pubblico come quello dei Consultori Familiari e procedure aggiornate e standardizzate, dalla contraccezione in adolescenza alla gravidanza alla menopausa. I documenti attuali sono molto più precisi ma dal 1982 a oggi molte intuizioni dei bisogni sanitari per l'area materno infantile sono diventati necessità sempre più reali. Nel frattempo la formazione nelle Scuole di Ginecologia e Ostetricia non insegna il necessario approccio olistico neanche nella propria area specialistica.

Partendo dai diritti sessuali e riproduttivi delle conferenze internazionali e dalle esperienze italiane avanzate, con servizi sviluppati a partire dagli anni '70, si propongono azioni preventive già suggerite dall'Istituto Superiore della Sanità, ma richieste con chiarezza anche dalla SIGO, la nostra società scientifica di riferimento italiano, così sensibile a queste istanze coma dalla FIGO la società internazionale.


Milano Camera del Lavoro 2004

Maurizio Orlandella Delegato A.Gi.Co. Lombardia

Esercizio dei diritti nella salute riproduttiva, maternità e tutela, allattamento e contraccezione, è anche fruibilità dei servizi. La riduzione delle risorse, sta ridimensionando i consultori senza la necessità di una legge che ne decreti la chiusura, strumento delicato perché prefigura responsabilità politiche dirette (realtà superata dalla legge sui consultori lombarda e la proposta laziale ndr 2010).

Dare risposta ai diritti richiede che vengano affrontate “le doleances” delle associazioni femminili o professionali, rilanciando i servizi e “sanando” le mancanze di personale, strutturali, organizzative, in un contesto di “non finanziamento della contraccezione”, con riduzione delle politiche di promozione della salute con esclusione di intere aree regionali. Tanti anni sono passati dalla legge sui consultori familiari (1975) e ormai è necessario imporre all’agenda politica nazionale, i temi connessi ai diritti femminili,  del singolo, della coppia, nel campo dei diritti sessuali e della salute riproduttiva.

AIED, A.Gi.Co., Andria, Consultori Laici Lombardi, FIAPAC, FNCO, IPPF, Vita di Donna, hanno dato vita a un gruppo di lavoro, per promuovere, in associazione alla CGIL, un convegno Nazionale su "Il Ruolo dei Consultori Familiari nel diritto alla salute. Approccio alla persona per la salute sessuale e riproduttiva".


Sommario

Contesto internazionale e italiano

Diritti umani e tutela della salute. Relazione al P.E.  di Anne Van Lancker

Necessità di un forum delle Associazioni sulla salute sessuale e riproduttiva

Diritti umani e della donna. Cosa non va in Italia?

Operatori e specificità del lavoro per la salute riproduttiva

Situazione italiana e visione ospedalocentrica

Ruolo del ginecologo medico-preventivo pubblico

Necessità di una posizione comune tra ginecologi e ostetriche, nella gestione della salute riproduttiva nel territorio

L'aggiornamento

Le necessità del Piano Obiettivo Materno Infantile (POMI)


1. Contesto internazionale e italiano

Poco dopo l’insediamento di Bush alla Casa Bianca, la politica americana sul diritto all’aborto e i servizi di family planning, ha subito un netto cambiamento, con sostanziale blocco dei finanziamenti alle associazioni no profit che operano nel mondo. Nel “Planned Parenthood Report on the Bush Administration and Its Allies: The Assault on Birth Control and Family Planning Programs” dell’ottobre 2003 della sede americana dell’IPPF (International Parentwood Planned Federation) denuncia che “è chiaro che l’amministrazione Bush ha l’obiettivo di impedire l’accesso in questo paese e in tutto il mondo ad un sicuro aborto legale nei vari stadi della gravidanza” ed elenca i vari elementi dell’attacco ai servizi di family planning.

In Italia è evidente la legittima pressione, effettuata sulla legge sulla procreazione assistita dal Movimento per la Vita, che aderisce al forum delle Associazioni Familiari, come primo passo propedeutico alla revisione della legge 194. A questo è funzionale il rivendicare i diritti dell’embrione, con il riconoscimento dei diritti di cittadinanza; tra cui un diritto ad esistere identico a quello della madre?

Non c’è attualmente un attacco diretto alla 194, che vede sondaggi addirittura migliori rispetto al risultato del referendum; intanto in regioni come la Lombardia, i servizi di family planning e consultoriali, vengono progressivamente depotenziati, con riduzione del personale, blocco dei finanziamenti, assenza di progetti di screening del collo dell’utero, rifiuto delle politiche di promozione della salute, chiusura delle sedi periferiche che operano nei pressi dei consultori privati confessionali..

Da parte laica si è assistito ad un silenzio dei movimenti, della politica e delle donne sia in relazione alla promozione delle salute, che sulla necessaria evoluzione dei servizi consultoriali. Incominciare a parlarne, forse questo era il senso di questa prima iniziativa del Convegno con la CGIL. La dichiarazione pubblica di questa confederazione di interessarsi con nuovo impegno, per una stagione di diritti, welfare e nuovi servizi ci ha spinti all’incontro tra associazioni e sindacato.


2. Diritti umani e Tutela della Salute Riproduttiva. Relazione al P.E.  di Anne Van Lancker

La relazione del giugno 2002, descrive nel dettaglio, le provenienze dei principi enunciati e delle deliberazioni sui diritti umani e delle donne, nelle Conferenze svoltesi in questi ultimi anni. Difende il diritto a conoscere per scegliere, quando e quanti figli avere, la qualità dei servizi di family planning, le politiche per la salute e l’informazione degli adolescenti, la prevenzione da malattie a trasmissione sessuale, il diritto ad un aborto sicuro.

Il documento non è vincolante per i parlamenti e governi ed è espressione di una maggioranza in un momento storico determinato. Cionondimeno rappresenta per gli operatori dei consultori il perché ideale del proprio lavoro: il tentativo di soddisfare i diritti all’informazione, all’accoglienza, alla tutela della salute riproduttiva di tutta la popolazione, con particolare riguardo all’adolescenza, dalla contraccezione alle tematiche di genere, agli extracomunitari e alle diverse culture, all’accesso ai servizi della  popolazione a basso reddito e il diritto all’empowerment.

Stimola il confronto dei sistemi di qualità di family planning dei paesi avanzati per una ricaduta su tutti i paesi compresi i paesi di prossima adesione alla Comunità Europea


3. Necessità di un forum delle associazioni sulla salute sessuale e riproduttiva

Le associazioni che da anni si battono per i diritti della donna o per una salute riproduttiva sul territorio, chiedono un “sistema” di qualità, che preveda politiche per la salute, riconosca il ruolo delle diverse professionalità, chiarisca la relazione con le realtà private, si confronti con i diritti delle donne ai quali non risponde, cercando interlocutori in grado di imporre questi temi nell’agenda politica. Un welfare in uno stato moderno, non può prescindere dalla primaria attenzione alla salute riproduttiva. “La tutela della salute in ambito materno infantile costituisce un impegno di valenza strategica dei sistemi sociosanitari per il riflesso che gli interventi di promozione della salute, di cura e riabilitazione in tale ambito hanno sulla qualità del benessere psico-fisico nella popolazione generale attuale e futura” come recita la premessa del POMI.

Come delegato dell’A.Gi.Co. (Associazione dei Ginecologi Consultoriali), ho incontrato:

Emilio Arisi dell’IPPF, con cui condividiamo da anni la necessità di un’azione su tanti argomenti, dalla contraccezione post-coitale al ruolo del ginecologo territoriale nella prevenzione dell’isterectomia e la necessità di un servizio di family planning di qualità, ciò di cui si interessa l’IPPF a livello internazionale con sedi in 180 paesi.

Andria si interessa di medicina dell’evidenza nella salute riproduttiva e tra l’altro presenta un forum telematico moderato da Pietro Puzzi, con invio di tutti gli interventi via  e-mail agli iscritti. Abbiamo discusso di pillola per le minorenni, contraccezione post-coitale, la lotta per la reintroduzione del diaframma e dello spermicida nonoxinolo 9, della necessità della rivalutazione del ruolo delle ostetriche.

AIED, da poco i 50 anni di vita, con Francesco Cardini e il sostegno costante del presidente Luigi Laratta; numerosi centri attivi in Italia, dalla lotta per legalizzazione dell’uso contraccettivo della pillola, alla elaborazione di modelli per l’educazione sessuale e all’affettività. Nel congresso del 2003 l’AIED aderisce alla lotta contro l’isterectomia.

La Federazione Nazionale Collegi delle Ostetriche, FNCO, con l’impegno del nuovo comitato centrale,  e le riunioni con Marcella Oggerino e Angelo Morese. Sono in atto riunioni bilaterali per arrivare ad un consenso su un documento comune.

Fédération Internationale des Associés Professionnels de l'Avortement et de la Contraception, FIAPAC, con Mirella Parachini e Giovanna Scassellati, che richiede il ripristino della ricerca nel campo dell’aborto e della contraccezione, quasi abbandonata nelle università italiane e l’adozione dell’aborto farmacologico

Comitato consultori laici lombardi, riunioni nelle sedi del CED (Centro Educazione Demografica) e UICEMP (Unione Italiana dei Centri Matrimoniali e Prematrimoniali) storici consultori milanesi autogestiti,  in costante elaborazione su accoglienza e consulenza, aggiornamento per operatori, da sempre in difesa dei diritti alla contraccezione, all’aborto, della autodeterminazione della donna.

Vita di Donna, con Lisa Canitano, associazione no profit, con consulenze telefoniche gratuite, per qualsiasi problema di salute della donna.

Da tutti è stata evidenziata la difficile realtà dei servizi territoriali diritti sessuali e della salute riproduttiva. In tutti la voglia di fare qualcosa.


4. Diritti umani e della donna. Cosa non va in Italia?

Quando si devono valutare il rispetto dei diritti sessuali e della salute riproduttiva, purtroppo bisogna diventare un po’ dei tecnici del settore, per percepire il disegno di una politica realmente conservatrice. Soprattutto quando l’attacco è indiretto, non evidente, svuotando progressivamente il ruolo dei consultori, con una difficile fruibilità dei servizi, accentrando il centralino telefonico in una sede unica senza possibilità di consulenza telefonica (l’esatto  contrario dell’esigenza posta dal CED di Milano, sull’importanza vitale della consulenza telefonica. Di seguito un elenco di sintomi di un sistema malato, poco rispettoso della donna e dei suoi diritti.

Ma i consultori non erano gratuiti?

La legge istitutiva dei consultori del 1975 affermava che il consultorio è gratuito, la legge non è cambiata, ma in molte regioni i consultori non sono più gratuiti. Necessita la difesa della legge o un suo aggiornamento e della ripresa dell’argomento da parte del movimento delle donne.

Inadeguata distribuzione dei consultori; Istat e esecuzione del pap-test

L’ultima rilevazione Istat ha evidenziato una grande disparità nel prelievo del pap-test nelle diverse aree del paese. Se il 70% delle donne del nord ha effettuato un pap-test negli ultimi tre anni nel sud la percentuale è del 35%. Inoltre si allontana la proporzione di un consultorio ogni 20000 abitanti.

La contraccezione non è più gratuita. Pillole e IUD

La politica di esenzione delle pillole non è comprensibile; innanzitutto i consultori hanno la funzione di cessione dei contraccettivi ma solo i consultori siciliani hanno dei fondi per acquisto dei contraccettivi da cedere. Dopo documenti a favore delle pillole al levonorgestrel (ritenute dal Ministero più innocue), le pillole al levonorgestrel a basso costo (meno di 2 euro) sono scomparse dal mercato. Sono mutuabili solo pillole a 30 o a 35 gamma di estrogeni, quando l’uso si è in parte spostato verso contraccezione a dosaggio più basso. Non c’è nessun contributo economico per la nuova contraccezione (spirali progestiniche, anelli vaginali e cerotti). Le spirali incominciano a scarseggiare in molti consultori eppure è la contraccezione a più basso costo.

Procedure burocratiche per IVG sempre più complicate; eccessivi ritorni in ospedale pre-IVG

Aumentano i ginecologi obiettori sia negli ospedali che nei consultori; il percorso IVG rimane ancora non organizzato e costringe sempre di più le donne, a ritorni in ospedale preintervento (fino a 4) per la segreteria, per la visita ginecologica, per gli esami del sangue, per la visita anestesiologica.

Per ottenere l’IVG, dopo l’attesa di una settimana per “il ripensamento”, si aggiungono almeno 2-3 settimane, a causa della non disponibilità delle sale operatorie (!) anche nella realtà cittadina milanese, quando dopo la prima settimana dal certificato, l’intervento diventa urgente. Attendere 3-4 settimane per una IVG, costringe la donna a vivere la gravidanza che non vuole, una tortura che sta diventando “legale”.

I periodi di vacanze diventano drammatici per il servizio, con lunghe sospensioni in estate e durante le vacanze natalizie.

L'aborto medico non è ancora disponibile e continuano gli ostacoli ad una sperimentazione italiana

Siamo rimasti tra i pochissimi in Europa, che non utilizzano l’aborto farmacologico, che presenta minori complicazioni e quindi minori effetti sfavorevoli sulla salute e fertilità della donna.

Il Mifepristone (RU 486)  evita il ricorso della donna ad un atto chirurgico, in un percorso che è comunque doloroso, con espulsione del prodotto del concepimento e sanguinamenti.

L'aborto medico non può essere rappresentato come una semplificazione delle procedure per l'aborto, come per renderlo competitivo alla contraccezione, ma un metodo con minori conseguenze per la fertilità successiva. La sperimentazione italiana di Silvio Viale subisce continui rallentamenti, quando la legge 194/78 richiede l’adozione delle soluzioni tecniche moderne disponibili.

Diaframma e spermicida

Il nonoxinolo-9 è stato tolto dal mercato con una serie di strane procedure che hanno costretto una ditta a distruggere 500 milioni di prodotto e l’intenzione di commercializzare lo spermicida in Italia. Lo spermicida è inadeguato per un utilizzo contro l’HIV e non può essere utilizzato in grande quantità. Niente però a che vedere con utilizzo normale di una coppia. Si sino visti danni epiteliali alla mucosa vaginale, dopo un uso di 15 dosi giornaliere nelle prostitute africane! Gli stati europei utilizzano lo spermicida. Di conseguenza è impedito un uso sicuro del diaframma in Italia.

Il costo dei preservativi e la non cessione gratuita in consultorio

Il costo dei preservativi in Italia è elevato ed è difficile trovare distributori automatici lì, dove servono. Non c’è una politica per agevolare l’uso del preservativo e limitate le campagne sui media. Non c’è esenzione sui preservativi e la loro distribuzione gratuita nei consultori è impedita, né sono previste partecipazioni alla spesa (pillole si, preservativi no?). Anche confezioni speciali a basso costo per chi è seguito in consultorio potrebbe essere anche un modo per facilitare l’accesso giovanile nei consultori. Raggiungere l’ideale di una contraccezione efficace associata alla prevenzione delle malattie a trasmissione sessuale, ove necessario,  è ancora una lontana chimera.

Riduzione progressiva numero dei consultori 1994-2001

Da più di 3000 consultori nel 1994 siamo scesi nel 2001 sotto i 2000. Il trend non si è modificato sotto i diversi governi, anche se la situazione raggiunge livelli critici in alcune regioni governate dalla coalizione di centrodestra. Oltre alla diminuzione del numero, dobbiamo evidenziare il completo blocco degli investimenti o adeguamenti tecnologici.

Le mutilazioni genitali femminili (MGF) e la necessità di progetti mirati

Sono necessari aggiornamenti per il personale e decisioni d una politica nazionale sugli  interventi eseguiti in Italia. Deve essere sviluppata una adeguata progettualità nei consultori con elevata popolazione extracomunitaria. Siamo contrari ad interventi chirurgici, anche simbolici, anche se riteniamo che sia opportuno un ampio dibattito.

Violenza sulla donna

Vi sono violenze di umani su umani e vi sono violenze istituzionali, delle leggi, delle burocrazie. Vi sono violenze nell’adolescenza, casalinghe e sessuali. Ma c’è anche la non disponibilità dell’aborto medico, le difficoltà alla prescrizione della contraccezione post-coitale (e gravidanze indesiderate conseguenti), il percorso accidentato per una IVG, assenza di progetti per la riduzione delle isterectomie, regioni italiane ad altissimo tasso di tagli cesarei (>60%!).

La legge sulla procreazione medicalmente assistita

... costringerà le donne a fare ripetuti prelievi di ovuli, avere risultati modesti, moltiplicare le procedure di trasferimento embrionale, non poter rifiutare l’impianto degli embrioni creati con una diagnosi prenatale a cui non seguirà una garanzia di aborto del 2° trimestre, anche in caso di cromosomopatie. Ricordiamo che si può abortire nel secondo trimestre solo davanti ad una certificazione per motivi psicologici, anche se il ginecologo ospedaliero è autonomo nella certificazione di un rischio per la salute psichica della donna.

Il documento SIGO (Società Italiana di Ginecologia e Ostetricia) denuncia i problemi evocati dalla legge sulla procreazione assistita:

Il diritto all’accesso per i pazienti portatori di patologie cromosomiche è precluso perché l’accesso alle tecniche è permesso solo a pazienti sterili.

Revoca del consenso: il consenso non può essere tolto se è avvenuta la fecondazione, prefigurando un trattamento sanitario obbligatorio; in caso di morte del marito dopo la fecondazione la donna è costretta al concepimento assistito?

Diminuzione dell’efficacia e dei rischi: non si possono creare più di 3 embrioni, con la possibile evenienza di triplicare i cicli di PMA, con conseguente aumento dei rischi per la salute della donna

Diritto a diagnosi pre-impianto. Essendo consentito solo alle coppie con problemi di sterilità, ma non alle coppie con patologie genetiche trasmissibili. Evidente la discriminazione

Fondo per le ricerche per le tecniche di PMA. Essendo la sterilità una malattia, non si comprende perché debba avere un fondo dedicato, magari insufficiente, invece che il sistema a DRG vigente per tutte le patologie.

La nuova legge concede il diritto di cittadinanza all’embrione e vieta le gravidanze surrogate, come in caso di menopausa precoce.

Servizi per la riabilitazione urinaria

Un consultorio con un ginecologo territoriale e l’ostetrica riabilitatrice è di per sé, un’unità di diagnosi e terapia per l’incontinenza urinaria di primo livello. Esiste quindi il luogo e gli operatori, per un servizio diffuso che risponda alle esigenze di 2 milioni di donne in Italia con problemi urinari, costrette a lunghissime code per ottenere terapie riabilitative (più di un anno) e generalmente per non averle mai.

Quali sarebbero gli effetti dell’attivazione del servizio uroginecologico, oltre che la restituzione del lavoro agli operatori? Diminuzione dell’utilizzo di farmaci per l’incontinenza d’urgenza (sono mutuabili solo i farmaci con maggiori effetti collaterali), diminuzione degli interventi chirurgici, migliore qualità di vita per un elevato numero di donne.


5. Ruolo della ginecologia medica e preventiva

La mancanza di una politica territoriale in Italia non ha fermato le elaborazioni delle associazioni e i confronti internazionali sulla funzione del ginecologo medico e preventivo. Vogliamo un sistema territoriale di qualità e ciò nel campo della ginecologia è possibile con la corretta individuazione delle patologie di gestione territoriale.

Le politiche di promozione della salute saranno finanziate in aggiunta all’attività ambulatoriale spontanea, con l’attivazione progressiva dei servizi in relazione al finanziamento ad hoc.

La specialistica ginecologica ambulatoriale e i consultori familiari devono potersi riaggregare in strutture territoriali coordinate. Un esperienza in tal senso è quella dell’ASL di Bologna che riunisce in un’unica struttura, due servizi, consultoriale e ambulatoriale, associando anche la diagnostica strumentale, con isteroscopia, colposcopia ed ecografie.

Non dettaglio le specificità nuove da attribuire ai consultori, nel campo della gravidanza fisiologica e nella assistenza agli stranieri. Ambedue coinvolgono scelte complesse:

- nel primo caso è indispensabile la definizione dei servizi che il consultorio deve dare in termini di assistenza alla gravidanza fisiologica e al monitoraggio della modalità della gestione del travaglio e del parto, con tutte le implicazioni di responsabilità professionale, organizzazione e coordinamento necessarie; il tutto richiede un documento ad hoc; indispensabile il contenimento dei tagli cesarei, non lasciando solo il medico di fronte alla copertura assicurativa non garantita, boomerang per i diritti della donna, certamente non maggiormente tutelata

- nel secondo caso, devono essere chiarita quale assistenza e integrazione si propone allo straniero, il finanziamento del sistema sanitario di gente non registrata, conosciuta, ufficiale, con politiche assistenziali regionali, che dovrebbero essere diverse, solo in funzione delle specificità etniche e del numero degli assistiti; certamente non è lavoro improvvisabile, vista la necessità di progetti ad ampio respiro e la disponibilità di mediatori culturali

Contraccezione e follow-up

la qualità di un servizio di family planning pubblico necessita di nuove attenzioni, con la capacità di ruolo clinico, epidemiologico, di valutazione degli effetti collaterali e secondari gravi. La qualità del servizio è anche la misurazione dei parametri specifici della contraccezione come tasso di continuità, percentuale e cause di drop out contraccettivo, la misurazione e valutazione della compliance e degli errori di assunzione per sviluppare progetti specifici per popolazione data (realtà culturale su maternità, aborto e contraccezione, ecc.).

Individuazione del rischio MTS

senza una politica di screening sul territorio nazionale, su patologie ampiamente indagate da più di un decennio a livello internazionale come la Chlamydia trachomatis, è necessaria almeno una politica territoriale, che individui le fasce a rischio adolescenziali e giovanili. La mancanza di prevenzione avrà gravissimi riflessi sulla fertilità, quando vi sono restrizioni alla terapia della sterità e un fondo nazionale sanitario ad hoc molto limitato. Non attivare progetti sulla chlamydia (patologia quasi sempre non evidente,  paucisintomatica) non permetterà la diagnosi; sono conosciutissimi gli effetti della chlamydia sulla fertilità (per chiusura delle tube nelle donne e ostruzione dei canali deferenti nell’uomo) e come causa importante di gravi infezioni pelviche.

Servizi per gli adolescenti

Gli adolescenti necessitano di servizi dedicati e prevenzioni specifiche da attuare verso la gravidanza indesiderata e le malattie a trasmissione sessuale, con servizi clinici, informativi e formativi. È uno dei settori dove educazione e attività preventiva, disponibilità, gratuità e fruibilità dei servizi, ritorna i migliori risparmi nel campo della salute sessuale e nella formazione alla scelta dell’individuo, nel tema fra i più scottanti e sconvolgenti per l’adolescente: l’acquisizione del piacere e la responsabilità nuova dell’individuo post-pubere.

Patologia ginecologica benigna e contraccezione ormonale

la contraccezione ormonale ha elevati effetti preventivi sulla patologia benigna ginecologica (polipi endometriali, fibromi uterini, cisti ovariche funzionali, dolore mestruale ed endometriosi, la cosiddetta patologia disfunzionale) che curativi.  Solo un approccio rigoroso ha la possibilità di controllare lo sviluppo delle formazioni benigne. Intervenire medicalmente con la contraccezione ormonale previene la gestione chirurgica dei casi.

Progetto riduzione isterectomia

in Italia il libro “Abuso dell’isterectomia. Violenza alla donna e danno alla salute. Isterectomia. Il problema sociale di un abuso contro le donne” coordinato da Mariarosa Dalla Costa circoscrisse il campo di azione necessario, per arrivare anche in Italia alla limitazione delle pratiche demolitive sull’utero.

In Francia è stata fatta una lotta del movimento femminile, chiamata “Ne touche pas mon gynécologue”, in difesa del “gynécologue medicale”. Proprio l’abolizione del servizio in Francia evidenziò un immediato aumento delle pratiche demolitive, con diminuzione delle stesse al ripristino del servizio di ginecologia territoriale.

Per ora sia Arisi (IPPF), che l’A.Gi.Co. che l’AIED hanno assunto una posizione ufficiale per usare sempre di più le procedure mediche che portano alla riduzione dell’isterectomia. Ci vuole una cultura sanitaria predisposta ad una minore invasività, se non strettamente necessaria, anche nelle procedura diagnostiche.

Dolore mestruale e contraccezione ormonale

l’approccio al dolore mestruale e all’endometriosi si sta modificando a livello internazionale, ponendo sempre di più la riduzione della diagnostica  invasiva e delle procedure di bruciatura delle isole endometriosiche tramite pelviscopia; anche ciò rilancia il ruolo della contraccezione ormonale e della ginecologia medica.

Prevenzione oncologica

s’impongono nuove tematiche per quanto riguarda le procedure di individuazione dei rischi oncologici individuali e specificamente la farmacoprevenzione oncologica. I modulatori dei recettori estrogenici (SERM) hanno già evidenziato un loro ruolo nella riduzione del rischio del tumore mammario. Il ruolo del tamoxifene è ben conosciuto. I test per l’individuazione del rischio genetico di sviluppare un carcinoma mammario saranno a breve disponibili anche in Italia.

Counselling in menopausa

Un servizio di gestione della menopausa in consultorio, favorisce una informazione dettagliata, comprensibile e corretta, per riduzione del rischio vascolare e osteoporotico con la programmazione di un’attività fisica e di adeguate di modificazioni alimentari, ecc.

La terapia ormonale richiede un grosso impegno sia nel counselling che nel consenso informato, tempo. Sono opportuni ambulatori ad hoc in ospedale? Non è lì che si rischia un eccesso non motivato di prescrizione di terapia ormonale?

Si svilupperà maggiormente la terapia dell’atrofia urogenitale, a cui le nuove generazioni di donne in menopausa, tenderanno in misura maggiore.

Uroginecologia

se la diagnostica ginecologica di primo livello (la grande percentuale dei casi), in un paese che vede circa 2 milioni di donne con problemi uroginecologici, non verrà portata a livello territoriale, non ci sarà possibilità diffusa di cura, rimanendo solo le strategie chirurgiche.

Endocrinologia

la maggior parte dei casi endocrinologici, si indirizzano alla diagnostica dell’ovaio policistico, agli irsutismi, all’acne, alle irregolarità ormonali, alle amenorree prolungate. Pochi casi richiedono l’invio ospedaliero.


6. Situazione italiana e visione ospedalocentrica

Nella precedente legislatura il Prof. Umberto Veronesi  tracciava nuovi modelli di assistenza ospedaliera e di integrazione territorio-ospedale. La diminuzione dei ricoveri ospedalieri passa da una ampia gestione clinica a livello territoriale, un alto livello di coordinamento tra strutture sanitarie territoriali e ospedaliere, ricoveri in funzione di diagnostiche complesse e interventi; anche la degenza post-ospedaliera vede l’ampio utilizzo di strutture alberghiere, per la degenza post-intervento.

Non ha alcun senso la presenza in ospedale di ambulatori di primo livello, quando la specifica preparazione e l’alta qualificazione degli operatori ospedalieri deve indirizzare il lavoro verso prestazioni ad alto contenuto tecnologico e rimborsi elevati, lasciando al territorio il resto, più vicino alla popolazione e in un rapporto continuativo.

Di seguito riporto la proposizione dei livelli secondo il POMI vigente. C’è da tener conto il periodo di riferimento del POMI (1998-2000), non ancora rinnovato, e le nuove istanze della medicina territoriale, con esperienze come le inglesi, ove si pone la necessità dell’accorpamento dei servizi per la salute riproduttiva (ostetrica, ginecologo, urologo, andrologo, MTS).

I capitoli di specifico interesse per i consultori sono il 12° in cui si parla dell’attività consultoriale e l’11° ove vengono definiti i diversi livelli dell’assistenza nella salute riproduttiva, che a nostro avviso non risponde alle necessità professionali del ginecologo territoriale:

la promozione della salute, la prevenzione e la presa in carico devono essere assolti dal I livello, rappresentato dalla rete del C.F.

L’attività’ di diagnosi e cura ambulatoriale viene effettuata dal II livello, rappresentato dagli ambulatori specialistici del Distretto e dell’Ospedale

3° livello ospedaliero: L’attività’ di diagnosi e cura ospedaliera devono costituire il III livello. In esso devono essere affrontate la diagnostica specialistica di livello superiore ed il trattamento con adeguate risorse strumentali ed esperienza professionale in merito alla:

- sterilità ed infertilità, patologia ginecologica benigna e maligna,malattie a trasmissione sessuale, problemi connessi con l’età’ post-fertile e menopausa, problemi di ginecologia urologica.

Riteniamo che per il ginecologo territoriale non è  proponibile l’esecuzione delle sole politiche di promozione della salute senza un costante confronto con la clinica, che lo costringe ad un aggiornamento continuo.

L’esigenza quindi è di aumentare la formazione specifica per ginecologi che scelgono il territorio e le modalità mediche e preventive e coordinare tale attività con un secondo livello ospedaliero ultraspecialistico e senza un’attività ambulatoriale di primo livello che non abbia subito un  filtro.

Ciò spiega la necessità di avere per il primo e il secondo livello promosso dal POMI un’unica figura professionale.

Si pone anche il problema di un superamento dei contratti attuali che vede ginecologi assunti dall’ASL, che possono essere destinati nelle commissioni invalidi; i ginecologi sumaisti (da contratto SUMAI degli specialisti ambulatoriali) appartengono ad un’area professionale attualmente chiusa, che non prevede nuove entrate nel mercato del lavoro già dal 1992.


7. Operatori sanitari e specificità del lavoro per la salute riproduttiva

Serve un’anagrafe dei consultori, degli ambulatori di specialistica ginecologica, della diagnostica territoriale, con la definizione del monte orario complessivo delle professioni sanitarie consultoriali.

Figura del ginecologo territoriale: ruolo epidemiologico in ginecologia, contraccezione, gravidanza; continuo aggiornamento e relazione con la medicina dell’evidenza.

Da un lato stretta relazione con l’ostetrica e l’ infermiera del servizio family planning, dall’altro partecipazione a studi randomizzati, alla formulazione delle linee guida territoriali da condividere con le strutture ospedaliere.

Il ruolo dovrebbe quindi comprendere l’informazione e promozione della salute alla popolazione, il sevizio di family planning, malattie a trasmissione sessuale, aborto, ginecologia medica, prevenzione isterectomia, diagnosi strumentale di primo livello.

Fondamentale il ruolo di coordinamento territorio-ospedale nella preparazione di un invio diretto a strutture ospedaliere, delle donne che hanno avuto accesso all’appuntamento territoriale.

L’infermiera del servizio di family planning

È indispensabile definire il ruolo dell’infermiera nei  consultori, dall’assistenza al medico al ruolo di consulente o gestione dei dati.

Non è adeguatamente riconosciuto professionalmente, il ruolo di counselling contraccettivo pre e post visita ginecologica, associato alla cessione diretta dei contraccettivi (pratica progressivamente in disuso), tanto da non essere valorizzato né economicamente, né ai fini dell’aggiornamento del ruolo professionale.


8. FNCO Federazione Nazionale Collegi delle Ostetriche. Necessità di una posizione comune sulla gestione della salute riproduttiva nel territorio

Se manca attualmente la possibilità di un confronto con associazioni delle infermiere, il confronto con le ostetriche è ben possibile. Se le politiche dell’università degli anni 70-90 hanno agevolato un forte accesso alla Facoltà di Medicina e Chirurgia, ciò ha avuto degli effetti anche sul sistema sanitario non medico. Il numero di ginecologi ha contribuito a ridurre il ruolo dell’ostetrica nel territorio e nell’ospedale.

Negli ultimi 10-15 anni la realtà della ginecologia territoriale medica e preventiva ha avuto un grande impulso, a causa del fallimento di alcune terapie farmacologiche e procedure chirurgiche. I contraccettivi ormonali, hanno assunto sempre di più il ruolo di prevenzione e terapia nel campo della patologia ginecologica benigna. Si apre la discussione sulla redistribuzione dei ruoli, aprendo i servizi al lavoro riabilitativo, alla gestione della gravidanza fisiologica, alle politiche di promozione della salute per le ostetriche. A tal fine si è aperto un tavolo tra A.Gi.Co. e FNCO. L’A.Gi.Co. propone come base di discussione:

1. la necessità di risolvere la prescrivibilità, per l’ostetrica, delle indagini previste per l’assistenza alla gravidanza fisiologica. È evidente che l’impossibilità a richiedere gli esami penalizza l’ostetrica, che deve sempre dipendere, per la prescrizione, dal ginecologo o dal medico di famiglia. Ciò riduce la possibilità di proporsi come figura professionale specifica per la gravidanza. Il ginecologo dei consultori non si propone di disinteressarsi alla gravidanza fisiologica, ma è ovvio che i nuovi compiti della ginecologia medica spinge ad una distribuzione nuova dei compiti consultoriali. Sempre rimane la scelta della gestante, della o delle figure che la seguiranno durante la gravidanza, anche se inizialmente potrebbe ancora pesare il rapporto medico-paziente che spesso la donna ha già con il ginecologo. Ma la direzione è quella di una sempre maggiore partecipazione dell’ostetrica. Come ginecologi consultoriali, abbiamo riscontrato l’unanimità dei responsabili regionali della nostra associazione a questo approccio e vogliamo che un’altra occasione di ampia discussione, possa  essere il congresso nazionale A.Gi.Co. del novembre 2004, ”Il Consultorio Familiare nella Tutela della Maternità”.

2. Ritiene indispensabile che le due figure sanitarie non mediche del consultorio (infermiera e ostetrica), abbiano la possibilità di cedere la contraccezione post-coitale al levonorgestrel. È assurdo dover attendere il medico per una contraccezione che non ha dato nessuna complicazione grave, specialmente in considerazione di una elevata efficacia della assunzione nelle primissime ore dal rapporto a rischio. Inoltre nel consultorio è garantita la presenza delle figure infermieristiche ma non quella del ginecologo.

3. Compresenza come formazione interna. Visitare insieme una donna in gravidanza può essere particolarmente confortevole ma potrebbe ribadire la mancanza di autonomia gestionale dell’ostetrica. Posta l’utilità occasionale di una co-presenza, si ritiene comunque di adottarla come modalità riconosciuta di formazione interna o di coordinamento fra le figure professionali.

4. Rischi professionali individuali. La gestione dell’ostetrica ripropone il problema della responsabilità professionale, delle assicurazioni, della corretta compilazione della cartella, specialmente se condivisa con il ginecologo.

5. E’ indispensabile l’attività riabilitativa effettuata dall’ostetrica associata alla diagnostica uroginecologica di primo livello. Ogni consultorio può, e quindi deve, diventare un luogo di riabilitazione. In molte città italiane vi sono attese superiori all’anno per un servizio pubblico di riabilitazione, quando disponibile.

6. Ruolo di counselling contraccettivo in assenza di infermiera adeguatamente formata

7. Il ginecologo, richiede la presenza di personale infermieristico con specificità consultoriale. Sarebbe utile avere una posizione comune sull’organizzazione del lavoro in consultorio, in caso di non disponibilità della figura infermieristica.

8. Necessità di programmi di vigilanza anti-isterectomia e aggiornamento comune per svolgere una funzione di filtro, (per es. in caso di anemia o di utero), durante lo svolgimento dei  programmi di screening

9. Ruolo del ginecologo e dell’ostetrica nella diagnostica e terapia riabilitativa in caso di vaginismo

Ad un tavolo successivo, il confronto delle rispettive posizioni, nel tentativo di gestire insieme il cambiamento, nel rispetto dei ruoli, di un lavoro che richieda sempre maggiore professionalità e responsabilità, a entrambe le professioni.


9. L'aggiornamento

Il 67,7% dei lettori di Doctornews, una rivista medica ondine, ha pagato di tasca propria la formazione obbligatoria arrivando a spendere fino a 1000 euro in un anno. Di questi il 38,2% ha speso una cifra variabile tra i 500 ed i 1000 euro per acquisire i crediti nel 2003, il 29,5% meno di 500 Euro. Solamente il 29,7% dei lettori dichiara invece di aver partecipato a corsi gratuiti sponsorizzati dalle aziende farmaceutiche o da istituzioni, mentre il 2,6% ha dichiarato di aver "snobbato" il programma di aggiornamento obbligatorio.

Nel 2003 i medici avevano bisogno di raccogliere 20 crediti; i costi aumenteranno progressivamente  quando i medici dovranno raccogliere fino ai 50 crediti, a partire dal 2006.

Per quanto riguarda l’aggiornamento per gli specialisti territoriali, è necessario che sia specifico, in funzione sia delle politiche del POMI che della preparazione di base del ginecologo territoriale. Si è deciso di non finanziare, con le politiche di aggiornamento, la ristrutturazione dei servizi territoriali, né di dare alle figure professionali, un know-how specifico, all’interno della programmazione sanitaria e del suo coordinamento tra prevenzione, attività ambulatoriale e specializzazione della struttura ospedaliera. In qualche modo l’aggiornamento è il paradigma della situazione sanitaria complessiva


10. POMI. Piano Obiettivo Materno Infantile

L’A.Gi.Co. richiede l’attivazione delle politiche di promozione della salute in tutto il territorio nazionale. Tali attività richiedono finanziamenti specifici e precise modalità operative.

Non c’è dubbio che le politiche di promozione della salute, possono garantire la diminuzione del divario degli indicatori di salute, tra popolazione ad alto e basso reddito, ritornando oltre ad una salute migliore, una quota di salario reale. È questo il principale elemento di sanità democratica: ricercare la popolazione che non risponde spontaneamente alle politiche di prevenzione, permette di rivolgersi proprio alle persone che non tendono a utilizzare i servizi.

I “pretesti” per ricercare la popolazione sono i tre progetti strategici che si rivolgono al percorso nascita, adolescenti, prevenzione dei tumori femminili.

Il metodo prevede 7 aspetti essenziali + 1 (implementazione) elemento fondamentale per i ginecologi

Chiara definizione di obiettivi di salute specifici

Descrizione dei sistemi e degli indicatori di salute

Identificazione della frazione della popolazione generale, soggetto dell’indagine

Identificazione di adeguate e articolate modalità di offerta attiva

Caratterizzazione delle modalità di esecuzione di attività efficaci nella pratica

Descrizione dei risultati attesi associati alle attività previste e agli obiettivi posti

Prevedere indagini sui fattori di rischio della non rispondenza, sia sull’incidenza dei problemi che la strategia intendeva prevenire nella sezione di popolazione bersaglio raggiunta

Ma è l’implementazione che permette al ginecologo territoriale di trovare una sua specificità clinica, in progetti che in gran parte dovranno essere portati avanti da personale non medico: quindi implementazione dei progetti principali con altre attività come la prevenzione dell’isterectomia, la diagnostica uroginecologica, la contraccezione per patologia benigna, problematiche dell’aging, le malattie a trasmissione sessuale, ecc.

Come garantire ai cittadini italiani una copertura omogenea su tutto il territorio, dell'azione preventiva nel campo della salute riproduttiva? Concordiamo sulla necessità di servizi di promozione della salute, sul metodo di lavoro, sulla distribuzione dei consultori sul territorio e in particolare su un aspetto che dovrebbe essere considerato in particolar modo dal sindacato: se è vero che le politiche di promozione della salute sono efficaci, nel ridurre il divario degli indicatori di salute, di popolazioni ad alto e basso reddito, tali servizi possono essere considerati parte del salario reale delle famiglie e sono necessarie indagini che quantifichino l'impatto economico di tali politiche.


Conclusioni

Siamo all’inizio di un lungo percorso di rivendicazione dei diritti umani nel campo della salute riproduttiva. Il Convegno Nazionale CGIL di Milano del 20/2/2004 è solo un punto di partenza. Chiediamo agli operatori di prendere in mano il loro destino lavorativo, ma senza una “forza” delle associazioni, senza l’impegno delle grandi associazioni sindacali, politiche e la partecipazione delle donne, sarà molto difficile un reintegro dei diritti e la reale fruibilità dei servizi da parte della popolazione.

È indispensabile il mantenimento dell’attività di family planning e gestione delle malattie a trasmissione sessuale nei Consultori, gratuitamente per tutte le donne, senza la necessità di documentare alcuna appartenenza al sistema sanitario, con cessione gratuita della contraccezione a tutta a tutta la popolazione indigente, disoccupati, extracomunitari, adolescenti.

Serve soprattutto un riconoscimento del ruolo e dei nuovi compiti della ginecologia medica, per la riduzione delle procedure chirurgiche, con un coordinamento territorio – ospedale - università, che non può rimanere solo sulla carta e che non ha senso rimandare. Sia chiaro però, che senza una reale politica di promozione della salute, il divario in termini di indicatori di salute, fra popolazioni ad alto e basso reddito, aumenteranno. La prevenzione ha bisogno di fondi dedicati. Questo è welfare!

Clinica, diagnosi strumentale, riabilitazione e coordinamento territorio – ospedale, ospedali che si pongono come luogo di cura specialistica e ultraspecialistica. Il sistema ha complessivamente bisogno di fondi, ma può funzionare riducendo le spese, utilizzando intensivamente il territorio come cura primaria, ma soprattutto le enormi capacità inutilizzate di filtro e invio coordinato in strutture specificamente attrezzate.